Vi trovate nella splendida Valle di Susa o siete solo desiderosi di raggiungere questo luogo incantevole e autentico? Volete sapere cosa fare in 2 settimane in Val Susa d’estate? Siete nel posto giusto! In questo itinerario della Valle di Susa in 14 giorni vi portiamo...
Il paesino di Alpignano sorge sulle rimanenze di colline moreniche risalenti alla glaciazione che ebbe luogo tra 230 e 185 mila anni fa. Nota già nell’antica Roma con il nome di Alpiniarum, deve probabilmente il suo nome al gentilizio latino Alpinius (da Alpes).
Cosa vedere ad Alpignano
Ma cosa visitare ad Alpignano? Cittadina dall’apparenza anonima, nasconde in realtà alcuni luoghi di particolare interesse naturale e diverse perle storiche tra cui diverse chiese millenarie, il suo antichissimo borgo medievale, la fabbrica dove venne prodotta la prima lampadina a filamento in carbone, le passeggiate nei boschi che costeggiano il fiume che divide il paese, e le campagne limitrofe, rimaste quasi inalterate nei secoli. Infine, se siete così fortunati da capitarvi nel mese di Luglio, potrete assitere al famoso Palio dei Cussot.
Ma i punti di forza di Alpignano non si esauriscono qui. Il paesino è infatti, assieme a Val della Torre e Pianezza, un punto strategico per tutti i viaggiatori che desiderano esplorare a fondo la città di Torino e per gli appassionati di montagna che hanno scelto come meta la Val di Susa.

Luogo tranquillo e dal tasso di criminalità quasi inesistente, Alpignano vanta alcune peculiarità che saranno di certo interesse per i nostri amici vanlifer e camperisti. A differenza di molti paesi limitrofi (come Val della Torre) dispone di numerosi parcheggi tollerati, ottimi per camper e van e di punti acqua gratuiti anche con acqua depurata e refrigerata (punti acqua SMAT).
La mappa: Alpignano (TO)
Per aiutarvi nella scelta di cosa visitare ad Alpignano, nella mappa qui sotto abbiamo indicato i punti di interesse storici in marrone, quelli naturali in verde e gli itinerari sempre in verde. Abbiamo segnalato i parcheggi dove ad oggi (Giugno 2023) sembra tollerata la sosta in camper o van. Infine abbiamo contrassegnato i punti in cui è possibile approvvigionarsi di acqua.
Tutte queste informazioni, così come il fatto che il parcheggio venga tollerato, potrebbero in futuro variare.
Un po’ di storia

Epoca preromana e romana
Il territorio su cui sorge Alpignano fu abitato in epoca preromana da popolazioni celto liguri, prima dalla tribù ligure dei Taurini o Taurisci, in seguito dai Galli per divennire infine colonia romana.
In epoca augustea questa terra, nota come Mutatio ad Octavum, era una stazione di cambio dei cavalli sull’antica direttrice delle Gallie, la celebre Via Francigena che manteneva la comunicazione tra l’Italia e la Gallia attraverso i passi del Monginevro e del Moncenisio.

L’origine romana di Alpignano è testimoniata da numerosi reperti archeologici rinvenuti negli scavi effettuati nel 1832 in località San Marcello e nel 1891, durante la costruzione della strada comunale per Pianezza, di una piccola necropoli romana del I secolo d.C. composta da 15 sepolture.
I ritrovamenti costituirono una piccola collezione presso la sede municipale, oggi in parte dispersa, in parte trasferita al museo di San Massimo di Collegno.
Tra i ritrovamenti vi furono tombe dal pavimento in mattoni con pareti di pietra lavorata a lastra e coperti di marmo contenenti frammenti ossei, lucerne fittili, suppellettili, vasi di terra a scodella e tre epigrafi.
La più lunga e vetusta di queste riguarda il monumento funebre di una tal Cornelia, liberta di Lucio, oggi di proprietà dell’Istituto missionari della Consolata, attualmente esposta presso la locale biblioteca civica. Le altre due sono invece conservate presso privati.
Secondo lo storico locale Cupia, nel 312 d.C. il tratto di pianura a ovest della strada che unisce Alpignano con Rivoli fu teatro del primo importante conflitto tra gli eserciti di Costantino e Massenzio in lotta per il primato imperiale. Tali terreni costituirebbero secondo questi proprio i celebri Campi Taurinati. Secondo altri i campi Taurinati comprenderebbero il Musinè e le terre circostanti.
Il medioevo
Dalla fine del periodo romano non si hanno più notizie di Alpignano fino al 1007. È probabile che abbia patito attacchi di popolazioni barbariche confinanti, tra cui invasioni di Franchi e Longobardi. L’abitato fu poi duramente colpito dalla peste: secondo alcuni documenti non vi rimasero che due uomini.
I primi documenti successivi furono redatti intorno al XI secolo. Un atto per la compravendita di terre risalente al 1170 e riferito al vescovo di Torino sancirebbe la nascita ufficiale della città.
Nel documento Anselmo, Ottone ed Evradro di Alpignano, offrivano al vescovo Milone di Torino ogni loro terra, per poi riceverla nuovamente in feudo, impegnandosi ad andarvi a vivere stabilmente.
Dal documento si evince il forte potere giurisdizionale che il vescovo deteneva ad Alpignano e in tutto il territorio circostante.
Tra i primi vassalli dei vescovi torinesi troviamo i Di Alpignano e gli Arpino, devoti al loro signore anche quando le sorti dell’episcopato torinese iniziarono a declinare a causa dell’affermazione verso la metà del XIII secolo della dominazione dei conti di Savoia.
Altri enti ecclesiastici vantavano diritti sulla località, tra i quali i potenti monaci della Abbazia di San Michele della Chiusa, San Pietro della Novalesa, l’Abbazia di Rivalta e la lontana Nonantola.
I Conti di Savoia
Nel 1294 il conte Amedeo V cedette al nipote Filippo I, che divenne per via matrimoniale principe d’Acaia, terre piemontesi a sud di Rivoli. Alpignano enta così nella giurisdizione di questi che all’inizio del XIV secolo governò il territorio con un suo rappresentante: il castellano.
Il primo castellano di Alpignano fu Guglielmo di Montbel, signore di Entremont(Alta Savoia), uno dei più fedeli ed importanti vassalli e vicario di Filippo per il Piemonte.
Nel 1337 Alpignano divenne feudo, assieme a San Gillio, di altro Guglielmo di Montbel, discendente del primo.
Il regno dei Montbel durò più di 200 anni. Nel 1559 Carlo di Montbel moriva privo di eredi.
Emanuele Filiberto infeudò allora Alpignano, Frossasco e San Secondo ad Andrea Provana di Leinì, dei signori di Leinì, “compagno” combattente nella la difesa di Nizza contro Federico Barbarossa e delle guerre di Carlo V in Germania, Fiandra e Piccardia.

Dopo la pace di Cateau-Cambrésis Andrea Provana di Leinì ritornò in patria con il duca e organizzò una piccola marina da guerra per contrastare le incursioni dell’Impero ottomano e dei Corsari barbareschi, è infatti ricordato per battaglia di Lepanto, avvenuta nel 1571, cui partecipò in qualità di ammiraglio.
In questo scontro vittorioso il Provana subì una profonda ferita alla testa, ma nonostante i postumi del colpo lo obbligassero a letto, a distanza di due giorni dal grandioso avvenimento, redasse la più lunga e importante che si conosca relazione sulla battaglia. Fu insignito del titolo di Cavaliere nell’Ordine del Collare e poi di Grande Ammiraglio dell’Ordine Mauriziano.
Il suo casato resse il governo locale fino al 1798, anno dell’abolizione del feudalesimo. A lui è attribuibile la costruzione del castello di Alpignano, su resti di epoca medioevale.
Il Provana rafforzò il suo diritto di godere del feudo, contro ogni possibile rivendicazione da parte degli eredi degli antichi possessori, sposando Caterina Spinola vedova di Carlo di Montbel.
Alpignano fu nuovamente colpito dalle epidemie di peste nel 1630. L’ultimo conte, Filiberto Provana, mori nel 1799 ed il castello passò al demanio. Nel 1804 venne venduto dai francesi all’avvocato Modesto Paroletti interessato a demolirlo in quanto circolava nel paese la leggenda di un tesoro nascosto.
Il Paroletti lo cedette ai fratelli Revelli, che lo restaurarono ed abbellirono, poi al Robbio di Varigliè, ai Riberi, ai loro nipoti Abelli-Riberi e nel 1944 all’Istituto Missioni Consolata.
Cappella dei Caduti

La Cappella dei Caduti è uno dei luoghi più interessanti di Alpignano. Testimonianze ne provano l’esistenza fin dal 1031, con l’intitolazione a San Martino e successivamente anche a Sant’Antonio Abate.
L’edificio, una chiesetta in stile romanico, la cui parte più antica è rappresentata dal campanile, presenta una cappella laterale caratterizzata da arcate a sesto acuto che poggiano su pilastri cilindrici, i cui cordoni d’angolo vanno a congiungersi a croce sulla sommità della volta.
Dal 1925 la cappella è un monumento commemorativo ai Caduti alpignanesi della Grande Guerra.
All’interno del piccolo edificio si possono ammirare una vetrata raffigurante San Giorgio, aggiunta nel 1963 ed un grande crocifisso ligneo ivi collocato nel 1946.

Fino al 1868, annesso alla cappella vi era il camposanto del paese.
Chiesa di Santa Maria del Ponte (XI sec)
Edificata a picco sul fiume Dora lungo l’attuale Via I Maggio, era luogo di riparo per viandanti e pellegrini.
Il mosaico moderno in facciata sostituisce i precedenti simboli della passione, divenuti ormai illeggibili. All’interno, vi sono coro e tribuna del 1840, sostenuti da quattro colonne di pietra, donate dai fratelli Revelli. Presso l’entrata vi era poi uno stagno, eliminato nel 1855 con un ampliamento dell’edificio.
Il Castello, la piazza, la Torre (XIII sec)

In via della Parrocchia, presso l’antico ingresso al Castello, a lato dell’attuale Chiesa parrocchiale di S. Martino, vi è la piazza della Parrocchia, l’antica Piazza del Ballo, centro nevralgico del borgo Medievale, un tempo circondato da mura.

Sulla piazza insiste l’antica torre campanaria in cotto, risalente al Trecento. Originariamente torre di avvistamento o torre angolare dell’antico castello venne sopraelevata e in parte ricostruita come torre civica nel 1728, assumendo l’attuale funzione di torre campanaria solo nel 1807, quando l’adiacente chiesa divenne la parrocchiale del paese.
Nella cella campanaria si trovano 3 campane in Sol3, ancora manuali e suonate a corda. Solo la campana maggiore presenta l’elettrobattente.
Cappella di San Sebastiano (XV sec)
La Cappella di San Sebastiano dedicata a San Sebastiano, San Rocco e San Grato, attualmente situata alle porte dell’attuale centro storico di Pianezza, fu protagonista di importanti e curiosi eventi storici.

È a pianta quadrata di 6 m per lato, in ciottoli di fiume disposti a lisca di pesce, ed è sovrastata da un campanile a vela culminante con tre cuspidi. Gli interni erano completamente affrescati e sulle pareti e sulle vele della volta rimangono visibili gli affreschi superstiti che raffigurano i devoti sotto il manto della Vergine, San Sebastiano affiancato da San Rocco e le tentazioni di Sant’Antonio, e sono attribuiti alla numerosa famiglia degli Jacquerio ed ai pinerolesi Bartolomeo e Sebastiano Serra.
Parte integrante della Cappella di San Sebastiano è il Pozzo di San Sebastiano, un tempo completato anche da un forno. Entrambi erano soggetti al banno del feudatario: durante la giornata la popolazione poteva usufruire sia del forno che del pozzo.
Si pensa che sia stata fatta erigere dopo la peste del 1428 o dopo quella del 1460, quando l’epidemia colpì anche Pianezza, di certo si sa che fu eretta nel XV secolo.
Durante l’epidemia di peste del 1630 i Capi di Casa della Comunità, convocati nella cappella, fecero voto di celebrare 36 messe all’anno dedicate a San Rocco e San Grato, istituendo anche la festa di San Rocco e della Visitazione.
La Cappella divenne famosa (la Domenica del Corriere le dedicò una tavola di copertina) negli anni 1931-32, quando fu trasferita tutta intera, dal luogo più a monte dove si trovava, fino al sito attuale distante 140 metri, per permettere un migliore passaggio alla tramvia di Pianezza.

Opportunamente fasciata, fu fatta scorrere di pochi metri al giorno su rulli posti su rotaie. In questo frangente è stato ripristinato il portale chiuso nel ‘500, mettendo in evidenza le figure a busto dei Profeti affrescati nell’intradosso dell’arco.
La parrocchiale di San Martino di Tours (1695)

L’attuale parrocchiale di San Martino di Tours, edificata nel 1695 dalla Confraternita di Santa Croce, è il rifacimento dell’antichissima chiesa di San Rocco, forse già citata nel 1031 in una carta dell’abbazia di Breme, relativa alla Novalesa. Nel 1807 fu restaurata, ampliata e convertita in parrocchia.
Al suo interno sono conservate pregevoli opere artistiche, fra le quali una Madonna, opera di Stefano Maria Clemente, e il crocifisso ligneo dell’altare maggiore del XVIII secolo, opera dello scultore ticinese Carlo Giuseppe Plura, collaboratore del Juvarra, scultore di corte nel 1717, autore della prima statua processionale della Consolata in Torino nel 1707, oltre a numerose altre importanti opere in Piemonte.
Il medaglione centrale della volta, rappresentante la Vergine e i due patroni di Alpignano San Giacomo e San Martino, venne realizzato, verso la metà del XIX secolo, da un allievo del Revelli, Giovanni Enea Coda.
Pregevole è anche ** il paliotto d’altare in stuccoforte del XVIII secolo**, attribuibile stilisticamente alla scuola ligure, rappresentante San Martino di Tours, che originariamente apparteneva al patrimonio dell’antica parrocchia dedicata a San Martino, ora Cappella dei Caduti.
La chiesa è dotata di un organo a canne a trasmissione mista del 1903.
Chiesa di San Giuseppe (1769)

Un altro luogo di interesse di Alpignano è la Cappella di San Giuseppe (o di San Martino Vescovo) un piccolo edificio religioso in stile barocco realizzato nel 1769 dai fratelli Bertolieri, situata nell’attuale Via Arnò 32.
La cappella è divenuta successivamente proprietà della famiglia Dabbene, la quale la donò alla Parrocchia di San Martino nell’anno 1931.
Il luogo di culto veniva aperto alla popolazione nel periodo delle processioni delle rogazioni, che venivano celebrate ogni anno per propiziare il raccolto, e durante le visite pastorali dell’Arcivescovo di Torino.

L’interno della cappella è decorato a stucco, con richiami borrominiani, mentre la facciata riprende lo stile vittoriano.
Il masso erratico
Vicino al ponte vecchio sulla Dora, era una volta possibile ammirare un grande masso erratico conosciuto come masso trottola, trascinato a valle dai ghiacciai.
Il suo nome era dovuto alla leggenda locale secondo cui ogni notte di Epifania avrebbe compiuto tre giri su se stessa, quasi a segnare con una piroetta l’uscita di scena della dodicesima notte. Il masso non esiste più poiché fu fatto saltare per costruire una centrale elettrica.
Il bosco del Ghiaro
A monte dell’abitato di Alpignano. si estende per una superficie di mq 38.891 sulla sponda destra della Dora Riparia, L’area boschiva del Ghiaro.
La vegetazione attuale è caratterizzata da esemplari d’alto fusto o polloni invecchiati di latifoglie.
Il bosco è percorribile per un tratto di strada sterrata, per un sentiero che costeggia la Dora e alcuni tracciati secondari che si snodano all’interno dell’area verde. In questo tratto l’aspetto dell’alveo fluviale è relativamente sinuoso, a differenza del tratto cittadino che è incassato tra sponde alte.
Gli accessi sono pedonali e sono attualmente due: uno dalla passeggiata pedonale che sovrasta il parcheggio dietro alla biblioteca, l’altro da via Chiri.
Le altre aree naturali di particolare interesse raggiungibili dall’abitato sono:
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La zona rurale tra Alpignano, Rivoli e Rosta con accesso sempre da via Chiri: invece di svoltare a destra verso il bosco del ghiaro, una volta attraversato il cavalcavia ferroviario nelle campagne al fondo di via Chiri, svoltare a sinistra (accesso 1: 45.0976771846632, 7.525663676676079, accesso 2: 45.097401408242334, 7.523888653407331)
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La zona rurale sul lato opposto della dora, che da Via Almese conduce verso Caselette e il Monte Musinè con i suoi percorsi (Coordinate 45.098803578239206, 7.522545276559112)
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La zona rurale che da Alpignano conduce verso Pianezza, San Gillio e Val della Torre con i suoi percorsi, a cui si accede da Via San Gillio (Coordinate 45.10531531851466, 7.527622535519188)
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la ciclopedonale in mezzo alla natura che costeggia la dora, da Alpignano, a Pianezza e Collegno. Con accesso da Lungo Dora Giuseppe Esposito, nei pressi dell’incrocio tra via Pianezza e via Cavour (accesso 1: 45.09980740325565, 7.538218446818188)
Il Ponte Vecchio di Alpignano
La Dora Riparia divide esattamente a metà il territorio comunale.
Le due frazioni originarie erano unite da un ponticello di epoca romana ricostruito nel 1736 e largo appena 3,5 metri.
Nelle ore di punta, soprattutto d’estate, quando i contadini rientravano coi carri agricoli, attraversare il ponte diventava un vero problema.
Tale ponte, ristrutturato con tecniche moderne, esiste ancora oggi ed è noto con il nome di Ponte Vecchio, ed unisce le due sponde del paese all’altezza del centro storico e della biblioteca comunale.
Il Ponte Nuovo di Alpignano
In epoca fascista, tra il 1935 ed il 1936, venne portata a termine la costruzione di un secondo ponte, noto oggi con il nome di Ponte Nuovo. Tale ponte è tristemente noto alle cronache torinesi per i numerosi suicidi.
Opificio Cruto

Nel corso del XIX secolo Alpignano cambiò radicalmente aspetto. Da una tradizione prevalentemente agricola divenne il punto di riferimento per la fabbricazione di materiali elettrici, lampadine e lampade.
Proprio nel centro città, infatti, fu impiantata nel 1885, un’area precedentemente occupata dai mulini del conte Revelli e su parte del greto della Dora, la prima fabbrica di lampadine a incandescenza, la “società italiana di elettricità sistema Cruto fondata dall’imprenditore Alessandro Cruto, noto in tutto il mondo per avere inventato e acceso la prima lampadina elettrica, da qui avrebbe dovuto produrre su scala internazionale le lampadine elettriche con filamento in carbonio da lui inventate.

Figlio di un semplice capomastro, privo di conoscenze scientifiche e di grandi mezzi, Alessandro intuì il potenziale delle lamine di carbone e perfezionò la nuova invenzione presso il laboratorio di fisica di Torino.
Ossessionato dal sogno di produrre un diamante artificiale che non riuscirà a portare alla luce, finirà per sfruttare l’esperienza acquisita e creare il primo filamento a carbone artificiale delle lampadine.Con l’utilizzo di geniali strumenti da lui inventati, il piossaschese contemporaneo di Galileo Ferraris e Thomas Edison, riuscì ad ottenere lamine di carbonio omogenee in grado di sostituire il bambù carbonizzato, fino ad allora adottato, come filamento per le lampadine.
Nel 1886 ad Alpignano, in via Matteotti 2, la società Cruto fabbricò la sua prima lampadina a filamento di carbone.
Alessandro Cruto muore nel 1908 senza ricevere alcun riconoscimento pubblico per il suo operato.
La sua fabbrica crebbe e cambiò sede, passandro alla fabbrica di lampade “Z”, poi alla Edison Clerici. Negli anni trenta viene rilevata dal nascente colosso olandese Philips (che nel 1967 realizza un secondo stabilimento).
Ecomuseo Cruto
Nel 2004 è stato inaugurato all’interno dell’opificio l’ecomuseo Sogno di Luce dedicato a Cruto. I locali della fabbrica sono rimasti pressoché inalterati rispetto al periodo in cui erano sede produttiva per le lampadine.
Ad oggi, giugno 2023, l’ecomuseo Cruto, risulta, per ragioni non meglio specificate, chiuso e non visitabile. Ci auguriamo che l’ammirazione comunale provveda al più presto alla sua riapertura.
All’interno dell’Opificio Cruto fu rinvenuta un’epigrafe romana, oggi custodita nella biblioteca civica.
Palio dij Cossòt
Il 25 luglio, in occasione della Festa di San Giacomo lungo le vie del centro storico si corre il Palio dij Cossòt, in occasione del quale quattro rappresentanti dei rispettivi borghi del paese si sfidano in una corsa portando sulle spalle delle zucche cave piene d’acqua. Il vincitore è decretato in base all’ordine d’arrivo e al volume d’acqua risparmiato.
Proprio la statua del santo patrono, che lo vede portare con sé un bastone da passeggio con appese alcune zucche, ha fatto sì che un tempo gli alpignanesi venissero chiamati, dagli abitanti dei paesi vicini mangia cusot (tradotto dal piemontese: mangiatori di zucche).
A presto Alpignano!
Mentre concludiamo il nostro viaggio attraverso l’affascinante cittadina di Alpignano, non possiamo fare a meno di riflettere sulla storia e sulla bellezza che rendono questo luogo un po’ speciale.
Alpignano non è solo una tappa nell’itinerario di un viaggiatore; è un luogo dove le leggende si intrecciano con la storia, dove l’innovazione incontra la tradizione e dove il calore della sua gente lascia un segno indelebile.
Mentre l’Ecomuseo Cruto attualmente attende la sua riapertura, ci auguriamo che la comunità locale, ispirata dallo spirito senza tempo di Alessandro Cruto, conservi e mostri i tesori storici nascosti all’interno dell’Opificio Cruto.
Questo ecomuseo ha il potenziale non solo per celebrare le conquiste di uno straordinario inventore, ma anche per educare le generazioni future sul patrimonio industriale della città.
Il Palio dij Cossòt, con la sua bizzarra tradizione di corsa con le zucche piene d’acqua, continua a portare allegria e risate per le strade di Alpignano durante la festa di San Giacomo.
Questo evento unico mette in mostra il senso di comunità della città e la sua capacità di abbracciare con orgoglio il suo patrimonio culturale.
Mentre i visitatori esplorano le meraviglie naturali di Alpignano, come il Bosco del Ghiaro e la pittoresca Dora Riparia attraverso i sentieri e le piste ciclabili che costeggiano gli argini del fiume Dora, mentre il sole tramonta sul Ponte Nuovo, illuminando d’oro la città, salutiamo Alpignano.
Fino a quando ci rivedremo, caro Alpignano. Grazie mille!
Una nota: Alpignano è il paese dove siamo cresciuti! :)